1984. Il Cagliari sta disputando il suo secondo campionato consecutivo in Serie B, in seguito alla retrocessione della stagione 1982/1983: dopo un anonimo undicesimo posto l’allenatore, Mario Tiddia, è stato sostituito con Fernando Veneranda, che però verrà poi rimpiazzato da Renzo Ulivieri.
Siamo alla nona giornata di campionato: i rossoblù sono nei bassifondi della classifica a quota tre punti, frutto di una vittoria, contro il Bari, e un pareggio, contro il Varese. Per il resto, hanno già collezionato sei sconfitte contro la Triestina, il Cesena, l’Empoli, il Taranto, la Sambenedettese e il Pisa. È quindi necessario fare qualcosa per dare una scossa e rivitalizzare questa squadra.
È l’undici novembre e al Sant’Elia è atteso il Pescara di Enrico Catuzzi che, finora, ha totalizzato otto punti (tre vittorie, tre sconfitte e due pareggi).
La gara si svolge sotto una fitta pioggia (il nostro direttore, presente a quella partita, racconta di come quell’acquazzone fosse talmente forte che, nell’anello superiore dello stadio, rimasero pochissime persone perché tutti erano andati a cercare riparo in quello inferiore, n.d.r.) che rende il campo molto pesante, ma i rossoblù riescono a spuntarla grazie a Giovanni De Rosa, il quale riesce a mettere a segno ben tre reti (al 30’, al 42’ e al 70’) e a chiudere la pratica con gli abruzzesi, che reagiscono all’82’ con De Martino, quando ormai è troppo tardi.
Per De Rosa si tratta del punto più alto della sua storia in terra sarda. I rossoblù conquistano la seconda vittoria dall’inizio del campionato e si portano a cinque punti.
La parte restante di quella stagione, come l’avvio d’altronde, si rivelerà molto difficile, e il Cagliari riuscirà a salvarsi solo per il rotto della cuffia e grazie al Padova, che verrà retrocesso in Serie C per illecito sportivo.